Ungheria, il ministro degli Esteri sul sostegno a Mosca: “Tuteliamo i nostri interessi, il gas russo è essenziale”

 

DAVOS - Péter Szijjártó, ministro degli Esteri ungherese e politico di lungo corso del partito di Viktor Orban, Fidesz, concede un'intervista esclusiva a Repubblica nel mezzo di una ricca agenda di incontri diplomatici ed economici a Davos. E accetta di rispondere anche sui temi più spinosi - gli scontri con l'Europa, la lesione dei diritti, le accuse di corruzione e di vicinanza a Putin, le ambiguità sull'Ucraina. È la prima intervista italiana a un membro del governo Orban dall'insediamento di Giorgia Meloni, sua storica alleata.

 

Ministro, ormai siete considerati il cavallo di Troia della Russia. E ricattate l'Europa o ponete veti su qualsiasi dossier che riguardi Mosca.

"Noi difendiamo il nostro interesse nazionale. Possiamo guardare ai nostri problemi solo con i nostri occhi, quindi né con gli occhi dei russi né con quelli degli americani. Quindi non ci interessa cosa pensano i russi delle nostre politiche. Non ci interessa se sia positiva o meno per loro, perché non abbiamo alcuna tinta russa nelle nostre politiche, come non ne abbiamo di americane o brasiliane o tedesche. La nostra è una politica ungherese. E se qualcosa è nel nostro interesse nazionale, lo facciamo. Se qualcosa non è nel nostro interesse nazionale, non lo facciamo, indipendentemente da ciò che pensa chiunque. Non abbiamo ricattato l'Europa su nessuna questione".

Avete bloccato i pacchetti di sanzioni dell'UE

"Certo. Perché la geografia e la realtà contano in politica. Quando ci si trova in un'area priva di sbocchi sul mare, se non si riceve gas e petrolio dalla Russia, non si può rifornire il proprio Paese. Quindi è necessario mantenere un contatto con la Russia e garantirsi nell'Ue esenzioni da alcune sanzioni. La posa di centinaia di chilometri di gasdotti non avviene dall'oggi al domani. Certo, la situazione potrebbe cambiare tra due o tre anni. Ma noi dobbiamo riscaldare le case oggi. Ecco perché chiediamo sempre che vengano prese in considerazione le specificità nazionali".

Orban ha detto che "l'Ucraina può continuare a combattere solo finché gli Stati Uniti la sosterranno con l'esercito e le armi". E perché mai sarebbe un male?

"Siamo assolutamente al fianco dell'Ucraina quando si tratta di integrità territoriale e sovranità. E condanniamo la guerra. Ma vogliamo la pace, il prima possibile. E sappiamo tutti che per fare la pace è necessario che americani e russi si parlino. Noi esortiamo entrambi a fare la pace".

Ma è Putin che non vuole parlare.

"Siamo un piccolo Paese, ma ci sono politici di paesi più potenti, francesi, americani, tedeschi, che dovrebbero avere il compito di creare circostanze come Minsk. Voglio dire, a quel tempo fu possibile raggiungere un accordo".

Cosa cambierà nei rapporti con l'Italia ora che la storica alleata di Viktor Orban, Giorgia Meloni è primo ministro?

"La collaborazione tra Ungheria e Italia sarà più semplice. Condividiamo molti punti di vista e ci rispettiamo a vicenda. I contatti sono regolari. Sui valori, che siano la famiglia o la nazione, siamo totalmente d'accordo. O sulla sovranità delle nazioni, sulla sussidiarietà, sul rispetto reciproco. Sono abbastanza sicuro che saremo dalla stessa parte sulla migrazione, che è un tema molto importante. Abbiamo sempre adorato il coraggio del vice premier Salvini. In Ungheria rappresentiamo una posizione molto simile. In Ungheria devono arrivare solo i migranti autorizzati. Gli altri no. E non accettiamo che nessuno faccia pressione su di noi su questa questione".

Ma l'Italia ha un problema diverso: molti migranti arrivano attraverso il Mar Mediterraneo. È un po' difficile chiudere le frontiere.

"Certo: siamo in due situazioni completamente diverse. Noi abbiamo costruito un muro e dispiegato esercito e polizia ai confini. Peraltro ora è subentrata una dimensione totalmente nuova: i migranti e i trafficanti sono dotati di armi e le usano. Sparano al confine serbo e in Ungheria, alle guardie di frontiera e alla polizia. È una violazione grave della nostra sovranità che non acceteremo. Per quanto riguarda l'Italia penso che si debba prendere una posizione molto chiara: l'unico modo per entrare nel territorio dell'Unione Europea deve essere quello legale. Quindi nessuno che non abbia il permesso di venire in Europa dovrebbe pagare i trafficanti e imbarcarsi sui loro gommoni. Dobbiamo fare in modo che quelle imbarcazioni siano riportate là dove sono partite. E quello che sento dire da alcuni funzionari del governo italiano conferma che c'è un coordinamento tra i trafficanti e le cosiddette ONG, perché per qualche motivo queste navi gestite dalle ONG rintracciano sempre i trafficanti e i loro gommoni".

Questa accusa non è mai stata provata.

"C'è però una forte impressione che ciò accada. E, a prescindere dal fatto che queste persone non hanno il diritto di entrare in Europa, le Ong fanno pressione su alcuni Paesi affinché li accolgano. La posizione dell'Ungheria è che ci basiamo totalmente sul diritto internazionale, che parla molto chiaramente: se una persona è costretta a fuggire dal proprio Paese, ha il diritto di rimanere temporaneamente nel territorio del primo Paese sicuro".

Se si riferisce al regolamento di Dublino, l'Italia sta cercando disperatamente di cambiarlo da anni perché ne è penalizzata più di altri.

"No, mi riferisco al diritto internazionale. Se le persone arrivano dal Bangladesh o dall'Africa subsahariana, attraversano una serie di Paesi sicuri. Quindi non hanno il diritto di andare avanti. Ad esempio, non possono arrivare dalla Serbia in Ungheria, perché la Serbia è già un Paese pacifico e sicuro. D'altra parte siamo un Paese confinante con l'Ucraina. Quindi siamo il primo Paese sicuro. Ecco perché consentiamo a tutti i cittadini ucraini di entrare: siamo il primo Paese sicuro".

Quanti rifugiati ucraini avete accolto?

"Più di un milione di rifugiati sono già arrivati e circa il 18-20% di loro resta. Quindi circa 180-200.000".

Ma non serve un accordo con i Paesi per respingere i migranti nel primo Paese sicuro?

"Ok. La politica di riammissione non funziona, questo è evidente se si confronta il numero di coloro che entrano in un territorio europeo con quelli che sono stati rimandati indietro. È una quota minima. Dobbiamo quindi fare in modo, anche attraverso la comunicazione e dure misure fisiche, che possano arrivare in Europa solo le persone che hanno il diritto di venirci".

Tornando alla questione della sovranità, che anche secondo Meloni deve essere restituita ai Paesi. Dove pensa sia necessario?

"Nel dibattito sul futuro dell'Europa, se la scelta è tra gli Stati Uniti d'Europa o un'Unione forte basata su Stati membri forti, noi siamo decisamente per il secondo concetto. Non vogliamo che Bruxelles abbia più competenze di adesso. Pensiamo che la crisi in cui ci siamo trovati e ci troviamo abbia dimostrato molto chiaramente che le soluzioni basate sulle competenze nazionali o sulla cooperazione intergovernativa hanno sempre funzionato meglio e più rapidamente delle soluzioni offerte da Bruxelles. Questo è stato molto chiaro quando si è trattato del coronavirus, della migrazione o quando eravamo in attesa dei vaccini. Quindi crediamo che in alcuni settori le competenze nazionali debbano essere mantenute e rispettate".

La Commissione europea vi ha tagliato i fondi, è la prima volta nella storia.

"Il nostro problema principale è che la Commissione ha un problema con noi, che non è assolutamente legale, ma politico. Abbiamo concordato con loro 17 leggi che sono state approvate in Parlamento. Ma non abbiamo ottenuto nulla. Questo dimostra chiaramente che semplicemente non riescono a digerire il fatto che un governo anti-mainstream o di destra o patriottico o comunque cristiano-democratico abbia vinto quattro elezioni di fila nonostante un forte vento contrario e che abbia ancora successo e sia ancora popolare in patria".

Secondo il Parlamento europeo, le elezioni non sono sufficienti se si reprimono sistematicamente i media e l'opposizione.

"È ridicolo. Per noi un sistema è democratico se soddisfa la volontà del popolo. Questa è la democrazia, ossia il demos. Il Parlamento europeo pensa invece che una struttura politica possa essere considerata democratica se è liberale e se sono i liberali a governarla. Ma non pensiamo che democrazia sia uguale a liberalismo. Non è un fenomeno ideologico. La nostra storia è dal 2010 quattro elezioni di fila vinte con un plebiscito, con un sostegno sempre crescente. Dopo 12 anni di mandato, abbiamo ricevuto un sostegno record su tutte le decisioni".

Ma molti vi accusano di essere una mini-Russia e Orban un mini-Putin. Anche in Russia si vota, peraltro. Il punto è che Orban ha i media sotto controllo, e l'opposizione è scomparsa dalla tv e non ha più voce.

"Ok, non saremmo una democrazia se questo fosse vero. Ma non è vero. C'è una grande differenza tra la nostra struttura mediatica e quella generale in Europa. In Ungheria, se si confronta la quota di media conservatori e liberali, il rapporto è circa 50-50, il che è molto insolito in Europa, perché in Europa i media liberali hanno un'enorme egemonia. I media sono liberi, ma sono più variopinti. Anzi, direi che i principali media sono tutti pro-opposizione".

Un'altra cosa di cui siete accusati dall'Ue, oltre alla corruzione, è che state reprimendo le minoranze, per esempio le persone LGBTQ+.

"Per quanto riguarda la corruzione: Sono anche il ministro responsabile degli investimenti. Mi creda, se fossimo un Paese così sistematicamente corrotto, non batteremmo i record di investimenti ogni anno. E non cresceremmo al di sopra della media europea. E non batteremmo ogni anno i record di esportazione. Se ci fosse una corruzione sistematica, nessuno investirebbe. Non capisco perché i tedeschi, i francesi, persino gli italiani, i socialisti che ci criticano per la corruzione, non chiedano ai loro investitori quale sia la loro esperienza, se siano stati corrotti, se sia stato chiesto loro del denaro, se abbiano affrontato qualsiasi tipo di ostacolo. Insomma, atteniamoci ai fatti".

E la repressione delle persone Lgbt? Avete vietato persino di parlare di loro perché è considerato pornografia. Ma questa non è censura?

"Quando si parla di minoranze abbiamo una posizione molto forte: il modo in cui le persone vivono è una questione assolutamente privata. Per noi il matrimonio è solo tra un uomo e una donna, e i bambini non possono essere adottati da coppie di fatto. Queste sono le uniche due questioni che regolamentiamo. Ma le persone vivono come vogliono".

Mica tanto. Non si può neanche nominare una persona gay perché è pornografia. È un reato.

"È vero, la legge dice che i contenuti pornografici non possono essere mostrati ai bambini. E dice che il diritto all'educazione dei bambini quando si tratta di questioni sessuali spetta ai genitori. Quello che volevamo ottenere con questa legge è che certe Ong venute dal nulla, che non si sa chi siano, entrino nelle scuole e inizino a parlare ai nostri bambini di educazione sessuale all'età di sei, sette anni. Questo per noi è un no-go, inaccettabile".