Quasi un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Ungheria si oppone alle sanzioni contro la Russia e all’invio di aiuti militari a Kiev ma non pone il veto sulle decisioni Ue. Obiettivi e proposte di Budapest.

«Per me la domanda è come possiamo fermare l’aggressione russa evitando una Terza guerra mondiale. L’obiettivo degli ungheresi è vivere in pace. In quanto membro della Nato e dell’Unione europea, l’Ungheria è al fianco dei suoi alleati. Essendo vicini diretti dell’Ucraina, forse sentiamo la minaccia e la realtà della guerra in modo ancora più acuto. Centocinquantamila ungheresi vivono oltre il confine, al di qua dei Carpazi. Non siamo solo generalmente a favore della pace, ma il nostro obiettivo è un cessate il fuoco subito. Siamo dalla parte degli ucraini, li stiamo aiutando oltre le nostre forze, l’anno scorso un milione di rifugiati sono arrivati in Ungheria a causa della guerra. A Kiev ho portato personalmente il sostegno e il contributo finanziario degli ungheresi per spedire 10 mila tonnellate di grano in Africa. Cosa dovrebbe fare l’Europa? Credo sia giusto dire con fermezza: basta! Putin ha attraversato il Rubicone. Occorre una posizione unita e forte. Per quanto riguarda i mezzi scelti, ci sono e devono esserci differenze tra i Paesi. Anche le nostre possibilità sono diverse. Nell’attuale situazione di guerra abbiamo bisogno di leader europei forti, di franche discussioni private, di un pensiero strategico comune e di rispetto reciproco. Il 2022 è stato l’anno della guerra. Auguro che il 2023 sia l’anno della pace».

Cosa deve prevalere: unità e coesione o la libertà di affermare identità e interessi di ciascuno?

«Non vedo contraddizione. Al contrario. Una forte identità e l’affermazione degli interessi nazionali sono essenziali. La vera sfida per l’Europa è trovare l’unità accettando che la nostra storia, le nostre doti, le nostre culture, i nostri modi di pensare sono molto diversi. Allo stesso tempo però essenzialmente simili. Vedo la base comune nelle radici giudaico-cristiane. L’Unione europea può ancora essere un successo in prospettiva storica, se non rinunceremo alla nostra cultura cristiana e se resteremo capaci di prendere decisioni comuni e unanimi. Che ci siano dibattiti nel frattempo? Niente di più naturale. Non vorrei vivere in un Paese o in un mondo in cui non ci sia spazio per la diversità di opinioni. Quanto a interessi nazionali e identità, l’Italia è un buon esempio di quanto i cittadini tengano a questi valori».

Quanto contano le relazioni con la Russia di Putin?

«Esiste una Russia di Putin? Per me c’è solo la Russia che è guidata da Vladimir Putin da molto tempo. La Russia è un Paese enorme, distante mille chilometri da noi, con un ruolo storicamente definito, una cultura ricca, e diversa dalla nostra per molti aspetti. È duecento volte più grande dell’Ungheria, ma più di cinquanta volte più grande dell’Italia, l’intera Unione europea potrebbe starci dentro quattro volte. L’economia russa è una delle più forti al mondo. Noi ungheresi rispettiamo il popolo russo. La Russia c’era, c’è e ci sarà. Lo stesso vale per l’Ungheria. C’erano, ci sono e ci saranno relazioni tra i due Paesi, proprio come tra Europa e Russia o Ucraina e Russia. Nessuno deve idealizzare le relazioni russo-ungheresi. Attualmente Mosca ci fornisce il 55% del fabbisogno di petrolio e l’80% del gas. Stiamo lavorando per ridurre sostanzialmente questa dipendenza il prima possibile. Non vogliamo interferire nella politica interna russa, ma quando un altro Paese sovrano è sotto attacco armato, non possiamo rimanere in silenzio. E non rimaniamo in silenzio. Per noi ungheresi e anche per me personalmente il ricordo dell’imperialismo e dell’esercizio del potere sovietico è ancora troppo vivo. Non li abbiamo voluti nel 1956, non li abbiamo voluti nel 1989 e non li vorremmo neanche oggi».

Rapporti con il nuovo governo italiano e con la premier Giorgia Meloni.

«Oggi l’Italia ha un governo patriottico, con un ordine di valori cristiani che favorisce le famiglie. Siamo felici di lavorare con leader che difendono gli interessi della loro nazione e con i quali possiamo parlare con una voce di reciproco rispetto. L’Italia è un attore chiave in Europa per le sue dimensioni, la sua storia, la sua ricchezza culturale e la sua posizione strategica. Non è un segreto che con Giorgia Meloni siamo amiche da anni, da quando lei non era ancora presidente del Consiglio né io presidente della Repubblica. La conosco come persona forte, di valori conservatori, aperta al mondo, orientata alla famiglia, che avrebbe dato la vita per la sua Patria. Una persona di parola e affidabile. Gli interessi e le intenzioni di ungheresi e italiani vanno nella stessa direzione, in termini di azione risoluta contro l’immigrazione irregolare, allargamento ai Balcani occidentali, protezione dei cristiani e difesa dei valori della famiglia. Queste sono solo alcune delle aree in cui lavoriamo a stretto contatto. Sono venuta a Roma in visita ufficiale su invito del presidente Sergio Mattarella e attendo con fiducia anche l’incontro con lui».

 

Chi sono oggi gli alleati dell’Ungheria in Europa?

«Vedo tutta l’Europa come un alleato. Il destino condiviso, la geografia, la nostra storia e le opportunità economiche ci legano strettamente ai Paesi dell’Europa centrale, per i quali la collaborazione del Gruppo Visegrád è un pilastro. I Paesi del Sud, più esposti ai flussi migratori, sentono quotidianamente cosa significa la pressione dell’immigrazione di massa, quindi possono capire meglio perché questo argomento sia cruciale anche per noi. Sempre più persone si renderanno conto che il declino della popolazione non è affatto naturale, dobbiamo affrontare il motivo per cui i giovani nel nostro mondo sviluppato non possono avere quanti figli vogliono. Abbiamo in comune con i Paesi senza sbocco sul mare problemi di approvvigionamento energetico. E con i Paesi dei Balcani occidentali condividiamo la visione secondo cui abbiamo bisogno di loro all’interno dell’Unione e dobbiamo accelerare la loro adesione».

Molti governi europei, compreso quello italiano, chiedono più collaborazione nell’accoglienza dei migranti.

«Noi ungheresi suoniamo l’allarme migratorio da otto anni. Per molto tempo abbiamo trovato incomprensione e rifiuto. Ormai la posizione ungherese è quasi universale. L’immigrazione irregolare di massa è un fenomeno che mostra chiaramente cosa succede quando l’Europa prende decisioni tattiche piuttosto che strategiche. La nostra posizione è semplice. L’Unione ha bisogno di frontiere forti verso l’esterno e permeabili all’interno. Bisogna aiutare i profughi, eliminare le cause della loro fuga, rimandare indietro chi arriva in modo irregolare, affrontare nel modo più severo le reti dei trafficanti di esseri umani, arginare il numero dei migranti economici che arrivano legalmente. E bisogna accettare che i cittadini europei abbiano idee diverse tra di loro su questo tema. Ci sono Paesi che vogliono più immigrati economici, altri meno. Non ci possono essere imposizioni».

La Ue ha sanzionato l’Ungheria sullo Stato di diritto: come intendete procedere con le riforme e gestire i rapporti con l’Europa?

«Venti anni fa ho cominciato a lavorare presso il Ministero degli Affari esteri. Per anni il mio compito è stato quello di informare in modo credibile la popolazione ungherese circa i vantaggi dell’ingresso a breve dell’Ungheria nell’Unione europea. Allora come adesso sono a favore dell’Europa. Ci preparavamo con entusiasmo a diventare membri della Ue, molti pensavano che il nostro ingresso sarebbe stato la soluzione a tutti i problemi. Per dieci anni abbiamo dovuto ribadire che l’Ungheria era finalmente all’altezza di far parte a pieno diritto della comunità dei Paesi europei in termini legislativi, economici ed amministrativi. Prendo l’espressione “a pieno diritto” molto seriamente. L’Ungheria è Paese membro dell’Unione europea da diciannove anni. Abbiamo imparato i meccanismi di funzionamento e le regole, non siamo dei dilettanti. Pretendiamo gli stessi “pieni diritti” dei cittadini di qualunque Paese fondatore o entrato successivamente. Un posto al tavolo di Bruxelles. E sovranità a Budapest, in Ungheria. Abbiamo finora sempre adempiuto i nostri doveri e lo faremo anche in futuro. Esprimiamo le nostre opinioni, prendiamo parte alle decisioni comuni. Io immagino così la cooperazione europea. Come presidente della Repubblica il mio compito è quello di proteggere l’ordinamento costituzionale dell’Ungheria, tutelare la Costituzione e rappresentare la mia Patria. L’Ungheria è uno Stato di diritto democratico. Nessuno fino ad ora è riuscito a dimostrare il contrario. Seguo con attenzione le discussioni tra il governo ungherese e le istituzioni di Bruxelles e sostengo con la mia firma le modifiche legislative conformi ai loro accordi. Nell’interesse degli ungheresi e anche dell’Europa auspico che finisca al più presto questo indegno tiro alla fune. Abbiamo già abbastanza problemi, è un peccato sprecare tempo, energie e risorse su questa lite infruttuosa. Pensiamo invece insieme a come riuscire a fermare la guerra che si sta svolgendo presso i nostri vicini, come superare le difficoltà economiche, come risolvere la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia, come organizzare insieme la nostra difesa, come garantire la sicurezza degli europei, come accelerare l’allargamento verso i Paesi dei Balcani occidentali e come ripristinare la fiducia nelle istituzioni europee indebolita da una serie di vicende di corruzione».

Cosa rappresenta per lei l’Europa?

«La mia casa, con dentro la mia patria, l’Ungheria».

Il primo ministro Viktor Orbán ha teorizzato la necessità di una democrazia illiberale, è una visione che la trova d’accordo?

«Per me l’enfasi è sulla democrazia, sull’ordinamento e sul funzionamento basati sulla volontà del popolo. I miei valori sono quelli di una donna cristiana, conservatrice, che accetta e persino esige opinioni e idee diverse dalle sue».

Orbán attribuisce grande importanza anche alle minoranze ungheresi in altri Paesi, evocando spesso la Grande Ungheria: propaganda o progetto politico?

«È un fatto storico che l’Ungheria abbia perso due terzi del territorio e un terzo della popolazione dopo il Trattato di pace di Trianon che ha posto fine alla Prima guerra mondiale e sia stata condannata a morte dal sistema di alleanze occidentali. Siamo sopravvissuti, ma le conseguenze di quella decisione sono state gravi. Siamo stati privati di una parte significativa delle nostre risorse. In un’immagine, ci hanno tagliato braccia e piedi. Cent’anni dopo ce ne siamo fatti una ragione: per noi i confini di nazione e Paese non coincidono. In tutti gli Stati confinanti vivono ungheresi. Il loro benessere in patria è fondamentale per noi. Siamo responsabili gli uni per gli altri. Chi in questo vede del revisionismo insegue demoni. È un risultato importante essere riusciti a concordare le condizioni per una coesistenza pacifica con le leadership di quasi tutti i Paesi vicini. Non posso accettare che proprio in Ucraina, devastata dalla guerra, si dedichino ulteriori energie per rendere impossibile la situazione delle minoranze nazionali che vivono lì. L’uso della lingua madre e i diritti delle minoranze sono indiscutibili».

Il Gruppo di Visegrád si è di fatto disintegrato su Russia e Ucraina, come sta oggi?

«Anche se non in piena forma, il Gruppo di Visegrád è vivo. L’Ungheria ha interesse ad avere una comunità di Visegrád forte e quindi auspichiamo di poter mettere da parte ciò su cui non siamo d’accordo e dimostrare che i popoli dell’Europa centrale hanno forza e potenziale. C’è molta tensione politica interna nei Paesi nostri partner. In Slovacchia il governo è caduto di nuovo, in Polonia si terranno le elezioni politiche in autunno e nella Repubblica Ceca è fallita la mozione di sfiducia nei confronti del governo. Ma lo scorso fine settimana un nuovo presidente è stato eletto con un’affluenza molto alta. Confido che continueremo a lavorare a stretto contatto con i presidenti Duda, Caputova e Pavel, come abbiamo fatto finora».

È stata ministra della Famiglia. Come riassumerebbe la formula ungherese per spingere il tasso di natalità?

«Possiamo incoraggiare i giovani attraverso decisioni che li aiutino ad avere e crescere figli, assumendo una posizione forte a favore delle famiglie. E magari anche raccontando le nostre esperienze. Come la premier italiana, anch’io, da madre, sono diventata una leader con un alto ruolo istituzionale. Io e mio marito abbiamo tre figli, il più grande è ormai cresciuto e la più piccola ha quattordici anni. So bene quanto sia difficile prendere decisioni a favore dei nostri figli quando anche l’esercizio di una professione è importante per noi. Comprendo anche i sacrifici e le difficoltà che comporta conciliare responsabilità familiari e lavorative nella vita quotidiana. Ma so per esperienza anche che difficilmente nella nostra vita può esserci fonte di gioia più grande dei nostri figli. Il nostro obiettivo in Ungheria è garantire che nessuno sia più svantaggiato perché ha scelto di avere figli. Più figli si hanno, meno tasse si pagano. Una donna che cresce almeno quattro figli non pagherà mai più nella vita l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Aiutiamo i giovani a fondare una famiglia e ad avere una casa propria il prima possibile. I prestiti per gli studenti non devono essere rimborsati se una donna decide di avere un figlio durante o dopo l’università».

La famiglia tradizionale e l’opposizione a quella che definisce «ideologia gender» escludono altri modelli. Come risponde all’accusa che l’Ungheria discrimina donne e persone Lgbtq+?

«In Ungheria, tutti possono vivere liberamente, indipendentemente dal loro sesso, dalla religione, dalla nazionalità, dalle opinioni politiche e dall’orientamento sessuale. Le leggi tutelano anche le minoranze sessuali. I valori familiari tradizionali sono protetti in modo particolare dalla Costituzione, che dichiara chiaramente che il padre è un uomo, la madre è una donna e il matrimonio è un’unione d’amore tra un uomo e una donna basata sul mutuo consenso. Il nostro obiettivo è che i bambini possano crescere con una madre e un padre che li amino e che, se questo loro diritto venisse violato per qualche motivo, ricevano il sostegno di cui hanno bisogno. Per quanto riguarda le opportunità delle donne: l’occupazione femminile è salita a livelli record in Ungheria; oggi il numero di donne nell’istruzione superiore supera quello degli uomini, le imprenditrici e le donne dirigenti sono sempre più numerose, mentre molte donne, negli anni successivi al parto, scelgono di stare soprattutto accanto ai figli. Questa scelta è possibile per le donne ungheresi. E come voi italiani avete appena eletto presidente del Consiglio una donna, così anche in Ungheria, per la prima volta, abbiamo una donna alla Presidenza della Repubblica».

Cosa farà in concreto per rafforzare il ruolo delle donne nella società?

«Aiuterò le donne ungheresi in tutto ciò di cui sentono di aver bisogno. Poiché i legami familiari sono tradizionalmente forti anche in Ungheria, ma allo stesso tempo sempre più donne vogliono ottenere risultati seri anche nella loro vita professionale, il maggior sostegno è necessario proprio affinché le due cose non si ostacolino a vicenda. L’obiettivo è quello di non dover rinunciare a mettere su famiglia perché si vuole fare carriera e di non rinunciare alla carriera perché si vogliono avere figli. Esprimo un sostegno particolare alle donne di talento, alle famiglie con bambini malati, ai genitori single e sento anche il dovere di occuparmi delle donne interessate alla vita pubblica. Ma soprattutto voglio incoraggiare le ragazze e le giovani donne che si preoccupano di come conciliare famiglia e carriera nella loro vita. Non è facile. Non è stato facile nemmeno per me. Ma è possibile».

Donne al potere: cos’ha imparato finora?

«Il potere è un mezzo, non un fine. Cosa può aggiungere a questo il mio essere donna? Innanzitutto un approccio che parte dall’ascolto degli altri. Nella mia esperienza se l’intenzione di capire il partner precede il desiderio di convincerlo, allora possono aprirsi anche porte fino ad allora chiuse. Specie se tutto ciò viene accompagnato da un sorriso».

 

L'intervista completa pubblicata sul Corriere della Sera del 31 gennaio 2023 è disponibile qui: https://www.corriere.it/esteri/23_gennaio_30/ungheria-kiev-putin-5cc1d338-a0d2-11ed-b6cb-0e3019005a4f.shtml?fbclid=IwAR1IobVHkXgxuE9H-dxKXGJaSZH1QUkVTzpzQ1thWrtH9YvoPW1TGzGyF4s